E’ lì
che ti guarda. Dalla “Sua croce”. Che fu ed è la nostra. E tu,
ombra, sagoma fra le sagome, accanto ai suoi piedi Lo interroghi e
ti interroghi. Lunghi silenzi muti. Eppure Lo ascolti. Senti il Suo
grido di dolore al Padre che è anche il tuo grido, e Lo ”senti”
uomo, fratello, compagno di una vita che si snoda da secoli sempre
irripetibile ed unica. Ma chi è quell’uomo che ti guarda da mille e
mille anni instancabilmente? Quale il Suo volto?
Dalle
miniature medievali fino ad oggi alla ricerca del suo volto, della
sua finità. Quale il volto di Gesù? Enzo Avagliano ce ne presenta
uno e lo fa cercando lontano, addentrandosi fin quasi nei primordi
del Cristianesimo. Quello più semplice ed ingenuo, ma forse più
autentico. E tu lo scopri incredibilmente
moderno. Un volto atipico, lontano dalla
oleografia di maniera, quasi neo-dadaista, che dapprima ti
sorprende, quasi spiazzandoti e poi lo scopri volto tra i volti,
volto che s’impone nel suo cromatismo fortemente disperato, umano, e
nello stesso tempo sereno, rassicurante. Quel Suo capo, le Sue gambe
che si staccano, si librano da quella croce e si propendano verso
te, impotente e colpevole, artefice e distaccato spettatore del suo
sacrificio umano ieri come oggi: ancora agnello e figlio crocifisso,
in mare e in terra, in orribili campi di battaglia senza più
barriere e trincee.
E Lui continua a guardarti e a spingersi verso te: Lo
accoglieresti fra le braccia, ora, e solo potessi, Lo culleresti, tu
fattati madre misericordiosa, ma sai che a nulla basterebbe la tua
pietas, a nulla il genufletterti e il picchiarti il petto oggi come
ieri. E’ la Sua immagine dolorosa e vincente che dagli occhi al
petto a te, tornato fra le genti, sembra chiedere: quale il volto di
Cristo, oggi?
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