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     Sulla "Crocifissione" di Vincenzo Avagliano

         di Antonio Donadio


    

 

  

E’ lì che ti guarda. Dalla “Sua croce”. Che fu ed è la nostra. E tu, ombra, sagoma fra le sagome, accanto ai suoi piedi Lo interroghi e ti interroghi. Lunghi silenzi muti. Eppure Lo ascolti. Senti il Suo grido di dolore al Padre che è anche il tuo grido, e Lo ”senti” uomo, fratello, compagno di una vita che si snoda da secoli sempre irripetibile ed unica. Ma chi è quell’uomo che ti guarda da mille e mille anni instancabilmente? Quale il Suo volto?

Dalle miniature medievali fino ad oggi alla ricerca del suo volto, della sua finità. Quale il volto di Gesù? Enzo Avagliano ce ne presenta uno e lo fa cercando lontano, addentrandosi fin quasi nei primordi del Cristianesimo. Quello più semplice ed ingenuo, ma forse più autentico. E tu lo scopri incredibilmente moderno. Un volto atipico, lontano dalla oleografia di maniera, quasi neo-dadaista, che dapprima ti sorprende, quasi spiazzandoti e poi lo scopri volto tra i volti, volto che s’impone nel suo cromatismo fortemente disperato, umano, e nello stesso tempo sereno, rassicurante. Quel Suo capo, le Sue gambe che si staccano, si librano da quella croce e si propendano verso te, impotente e colpevole, artefice e distaccato spettatore del suo sacrificio umano ieri come oggi: ancora agnello e figlio crocifisso, in mare e in terra, in orribili campi di battaglia senza più barriere e trincee.

E Lui continua a guardarti e a spingersi verso te: Lo accoglieresti fra le braccia, ora, e solo potessi, Lo culleresti, tu fattati madre misericordiosa, ma sai che a nulla basterebbe la tua pietas, a nulla il genufletterti e il picchiarti il petto oggi come ieri. E’ la Sua immagine dolorosa e vincente che dagli occhi al petto a te, tornato fra le genti, sembra chiedere: quale il volto di Cristo, oggi?

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