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     Appunti per una riflessione

         di Tiziana Mancini


    

 

  

Lo spunto offerto per l’interpretazione del tema del Cristo morto in croce è dei più dotti: il Codice Vaticano Latino 5729, la cosiddetta Bibbia Ripoll perché eseguita nel sec. XI presso lo scriptorium del monastero catalano di S. Maria di Ripoll. La miniatura, pur semplificata nell’impianto compositivo, presenta una qualità esecutiva di grande livello. La freschezza narrativa non è minimamente compromessa dalla schematizzazione della scena, anzi l’essenzialità del racconto che si incentra sulle immagini degli astanti, degli sgherri con la lancia e la spugna ai lati della Croce e dei dolenti Maria e Giovanni, mantiene viva la partecipazione emotiva da un lato, mentre dall’altro sugella una sorta di rigore mistico nella contemplazione del Cristo Triumphans. La particolare attenzione mostrata nel rendere con realismo vesti e panneggi dei personaggi, l’espressività dei volti, contriti negli astanti  e mestamente rassegnati  in Maria e Giovanni, denota il raggiungimento di un buon tenore qualitativo nella  produzione di questo che tra gli scriptoria del momento risulta essere uno dei più interessanti  e forse uno dei più attenti alla coniugazione di un nuovo lessico. Certo, sono ancora presenti arcaismi ed incertezze ; tuttavia  i tentativi di dare una partitura spaziale e lo sforzo di rendere l’immagine nel suo significato di solenne contemplazione della Croce e di meditazione sulla morte e sulla rinascita  mi sembrano abbastanza palesi.

Questo è dunque l’assunto da cui Enzo Avagliano, Francesca Poto, Anna Sessa sono partiti per darne una versione personalissima, elaborata da ognuno con grande originalità. Avagliano ha realizzato tre versioni del Cristo, tre sperimentazioni con materiali diversi quali il legno ed il ferro. Molto suggestiva è la croce di ferro, quasi a riproporre un uso attualmente dimenticato, ma in auge per l’appunto nell’Alto Medioevo, giusto in sincrono con la cronologia del codice in questione. Questa “attualizzazione “ della materia ne fa un manufatto particolare, dalla grande potenzialità espressiva, accentuata dagli effetti degli ossidi che corrodono e lacerano come corrosa e lacerata è la carne di Cristo sulla Croce. Tutto ciò consente una particolare rilevanza che è data alle anatomie degli arti e del torace, con la messa in evidenza, per esempio, dell’impianto delle costole. La realizzazione in legno dà grande risalto all’impianto formale del Crocifisso perché si basa sulla ricomposizione dell’immagine data dalla sovrapposizione delle sue “silhouettes”. Altresì esalta la tridimensionalità della visione, scavandone ed esaltandone i piani. La realizzazione in legno, colorato ed impastato col cemento segue quasi alla lettera l’iconografia del codice catalano, anche se le variazioni sul tema sono interpretate secondo  cromie nuove e più vivide  e brillanti.  Francesca Poto invece ci dà la sua versione attraverso due realizzazioni a puntasecca su plexiglass dove l’iconografia à ridotta all’essenziale, ma le potenti immagini in primo piano di cavalli e buoi- diventati qui tori - e desunti dai clipei che nell’originale sono a testimoniare, secondo interpretazioni bibliche, forze associate a Sole e Luna, rivelano un’ adesione  dell’artista all’espressività veemente e primigenia delle creature picassiane di “Guernica” e non a caso, vista la matrice catalana del codice di partenza .Questa che nella Poto è una sorta di sedimentazione “naturale” si rivela vincente nell’interpretazione del tema che si presenta sotto due aspetti , differenti perché legati a due tipi di cromie: una turgida, scura e densa di “pathos”, l’altra fatta di forme quasi ritagliate nel colore, a ricomporre, quali  tessere di un mosaico, un tessuto narrativo di grande spiritualità . Anna Sessa, coadiuvata dagli allevi del corso serale, ha creato un’immagine personalissima, attraverso l’uso di materiali quali la resina e la ceramica. Il risultato è un Cristo reinterpretato nelle forme e nell’espressività, ma che conserva ancora qualcosa di arcaico misto a solennità e sostanziato anche dall’impiego di motivi decorativi vagamente cosmateschi nelle braccia della croce. Il resto si gioca soprattutto sulle trasparenze dei materiali e sulle rese prospettiche.  Su queste scie si sono posti gli allievi del terzo anno del corso Scultura e del corso serale, maturando esperienze figurative nuove e sperimentando le potenzialità dei materiali vari usati quali il legno e la ceramica. Si sono cimentati per la prima volta, verificando sul campo le loro attitudini e calibrando e misurando le forze. Ma soprattutto è stato il rapporto con la materia da un lato e con le fonti storiche dall’altro che li ha guidati in questa nuova esperienza, comunque gratificante e soddisfacente, da considerare come uno dei tasselli che nel tempo ricomporranno la loro storia personale.  

 

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